lunedì 27 novembre 2017

BANCHE: DIVIETO DI ANATOCISMO ESTESO ANCHE ALLA CAPITALIZZAZIONE ANNUALE

Nonostante sia vietato, le banche continuano a praticare capitalizzazione di interessi.
Ma la Cassazione, anche recentemente, sull’anatocismo è stata chiara: no alla capitalizzazione degli interessi anche se annuale. Il correntista ha ragione ha chiedere l’annullamento della clausola anche se si trattava di «uso bancario»


Non molti sanno in cosa consista l'anatocismo. Eppure secondo alcune stime recenti della Fondazione SDL vi sarebbero anomalie nel 98,76% dei conti correnti bancari, che riguardano soprattutto il fenomeno del calcolo degli interessi sugli interessi maturati. In pratica vengono calcolati interessi aggiuntivi sugli interessi ancora da versare all’istituto di credito, aumentando conseguentemente il debito nei confronti dell’istituto stesso. 
In materia di anatocismo è intervenuta lo scorso 16 ottobre anche la terza sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24293. Quest'ordinanza stabilisce stabilendo che il divieto comprende anche la capitalizzazione annuale degli interessi. 




Nel giudizio d’appello, il giudice convertiva la capitalizzazione trimestrale effettuata dalla banca, stabilendo invece l’applicazione di quella annuale. A fronte di tale decisione, il correntista ha proposto ricorso per Cassazione, ritenendo che il divieto di anatocismo fosse assoluto e non limitato solo alla quantificazione trimestrale degli interessi.

A partire dalla sentenza delle Sezioni Unite del 2004 (pronuncia n. 21095), la clausola con cui la banca prevedeva la capitalizzazione trimestrale è stata dichiarata nulla, in quanto integrante uso bancario che, in quanto tale, non è in grado di derogare al dato normativo, in particolare all’art. 1283 c.c. Da ciò deriva che, in assenza di una diversa previsione, gli interessi sono in grado di produrre ulteriori interessi solo se e nel momento in cui viene proposta domanda giudiziale con cui se ne chiede il pagamento.

La cosa forse più logica da fare per il sistema bancario sarebbe quella di rinunciare spontaneamente agli interessi anatocistici, siano essi stati capitalizzati trimestralmente o annualmente, per evitare un prevedibile massiccio ricorso da parte dei clienti all'Autorità Giudiziaria con grande probabilità, per non dire certezza, di vedere restituiti tutti gli interessi anatocistici.

L’anatocismo rappresenta un istituto giuridico disciplinato dall’art. 1283 del Codice Civile il quale prevede che “in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”. Le banche per decenni hanno però applicato quanto appena citato in modo illegittimo, in quanto prevedevano la capitalizzazione degli interessi a scadenza trimestrale, sui quali, proseguendo il rapporto con il debitore, calcolavano gli interessi, che venivano capitalizzati il trimestre successivo.

Per comprendere appieno il funzionamento dell’anatocismo, è bene fare un esempio pratico: su un fido di € 1.000,00 gli interessi trimestrali applicati potrebbero essere di € 25,00. La banca dopo tre mesi non effettua più il calcolo sulla somma iniziale di € 1.000,00 ma su quella comprensiva di interessi, pari a € 1.025,00, e così via di trimestre in trimestre.

Come facilmente immaginabile, la pratica anatocistica è favorevole solamente agli istituti di credito, dato che gli interessi a favore dell’utente sono calcolati su base annuale, e non trimestrale. 

L’uso bancario di calcolare gli interessi sugli interessi è stato finalmente riconosciuto illegittimo dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21095 del 4 novembre 2004, anche se la prima sentenza contraria agli interessi bancari e a tutta la giurisprudenza dell’epoca è stata redatta nel 1999 da Piero Calabrò, magistrato del tribunale di Lecco e attualmente presidente di SDL Centrostudi, società che contrasta i reati bancari, in particolare anatocismo e usura bancaria. 

La Corte Costituzionale con sentenza 78/2012 ha sancito che il termine per richiedere la restituzione di quanto versato indebitamente decorre dalla data di risoluzione del rapporto con la banca o dal momento del pagamento solutorio finalizzato alla copertura del passivo e si prescrive in 10 anni. Di conseguenza, è bene rivolgersi per tempo a società come SDL Centrostudi, in modo da poter far analizzare da persone esperte i propri rapporti con la banca e valutare quali siano le azioni da intraprendere per ottenere il rimborso delle somme indebitamente sottratte. 


SDL Centrostudi è stata fondata nel settembre 2010 dall’esigenza di far emergere il fenomeno poco conosciuto delle anomalie finanziarie nei rapporti tra banche, imprese e famiglie. L’intento è quello di informare il soggetto interessato di quanto si possa verificare a suo danno nell’ipotesi di ritardo nei pagamenti, offrendogli una tutela in quanto parte contrattuale più debole. L’informazione è tanto determinante quanto difficile da acquisire. In questa materia infatti la confusione regna sovrana, forse perché chi ha più interesse alla chiarezza è anche il soggetto economicamente più debole e SDL è al fianco senz’altro di quest’ultimo. I contratti degli istituti di credito sono notoriamente poco chiari, poiché scritti in linguaggio tecnico e con varie clausole che il correntista medio non comprende. 


Società come SDL Centrostudi si impegnano da sempre a chiarire i dubbi dei correntisti e dei titolari di aziende che si ritengono vessati dalle banche e che, in diversi casi, stanno per perdere la casa o l’azienda a causa di debiti contratti con le banche per mancato pagamento di rate del mutuo. In moltissimi casi SDL Centrostudi è riuscita a bloccare le ingiunzioni di sfratto e di sequestro dimostrando che l’istituto di credito era colpevole di anatocismo o di usura bancaria, se non di entrambi i reati finanziari.


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